Quando si inizia da zero ad approcciarsi al mondo della cannabis coltivata tra le mura domestiche, è naturale trovarsi davanti a numerose espressioni tecniche che, al primo impatto, sono tutto tranne che comprensibili.“Semi femminizzati” è una di queste. Quando la si chiama in causa, si inquadra uno dei capisaldi della classificazione dei semi di cannabis.
Premettendo sempre l’importanza di acquistarli facendo riferimento all’e-commerce di seeds bank famose e referenziate come Sensoryseeds, vediamo cosa sono i semi di cannabis femminizzati e perché è il caso di sceglierli.
Semi di cannabis femminizzati: di cosa si tratta?

I semi di cannabis femminizzati, che hanno iniziato ad affermarsi sulla scena internazionale negli anni ‘90, sono gli unici in grado di produrre cime ricche di cannabinoidi.
La loro introduzione ha rappresentato una rivoluzione: prima di allora, infatti, i breeder che si cimentavano nelle coltivazioni avevano una probabilità pari al 50% di trovarsi davanti a piante di sesso maschile, da eliminare tempestivamente.
Ricordiamo altresì che i semi di cannabis femminizzati producono piante fotoperiodiche, ossia vincolate, come dice la parola stessa, ai cicli di luce per poter crescere.Ciò implica che il coltivatore metta in conto un investimento in apparati di illuminazione.
In quali situazioni vengono utilizzati i semi di cannabis femminizzati?
Le piante risultato della coltivazione dei semi di cannabis femminizzati vengono impiegate in diverse situazioni. Tra queste è possibile chiamare in causa la quotidianità dei consumatori che amano fumare cannabis per rilassarsi a fondo la sera.
Un’altra situazione che vede spesso il loro utilizzo riguarda il caso di chi, invece, fa riferimento ai cannabinoidi come supporto per regolare il tono dell’umore.
Come si coltivano i semi di cannabis femminizzati

A questo punto, non resta che entrare nel vivo dei consigli per coltivare nel modo giusto i semi di cannabis femminizzati. La buona notizia? C’è chi dice che rispetto ai semi regolari, il processo sia in questo caso più semplice.Attenzione: questo non vuol dire che possa essere approcciato all’insegna della casualità. Vediamo assieme, alla luce di ciò, qualche dritta fondamentale.
Coltivazione indoor vs outdoor: quale è meglio?

Entrambe le opzioni vanno benissimo. Ovviamente è necessario, a seconda della strada che si prende, valutare alcuni accorgimenti. Se, per esempio, si decide di coltivare la cannabis femminizzata tra le mura domestiche, è importantissimo intervenire modificando il ciclo luce/buio personalmente.
Il momento perfetto per procedere è quando la pianta ha più o meno raggiunto metà dell’altezza media prevista. Di schemi di illuminazione ne esistono diversi e tra quelli più popolari quando si parla di cannabis femminizzata coltivata tra le mura domestiche rientra il 12:12.Nei casi in cui, invece, si decide di coltivare outdoor, un consiglio utile è quello di piantare i semi nei mesi primaverili.
Come gestire temperatura e umidità
Quando si coltiva cannabis femminizzata è bene sapere che, nella maggior parte dei casi, le piante in questione preferiscono una temperatura che si aggira attorno ai 21°C.Fai sempre attenzione a non esporre le piantine a eccessive fluttuazioni di temperatura. Il rischio, in tal caso, è quello di avere a che fare con problematiche anche gravi, tra le quali è possibile chiamare in causa la minor velocità di sviluppo.
Nei casi in cui il clima negli spazi aperti non è sufficientemente mite, opta per quelli chiusi, in modo da avere un margine di controllo sufficiente sulla temperatura.Per quanto riguarda, invece, il livello di umidità, ricordiamo che dipende fortemente dalla fase di crescita che la pianta sta attraversando.
Quando arriva la fase di fioritura, è bene mantenersi entro un range compreso tra il 40 e il 50%. In questo modo, si minimizza il rischio di avere a che fare con la muffa. Durante la fase vegetativa, invece, va benissimo anche se l’ambiente ha un tasso di umidità più alto.